I risultati di uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia, pubblicati su “CA: A Cancer Journal for Clinicians”, la rivista con il maggiore impatto scientifico al mondo, mettono per la prima volta a fuoco il problema scottante della cardiotossicità delle cure anticancro. Viene così riconosciuto a livello internazionale il primato della Cardioncologia IEO, che in più di 3.800 pazienti seguiti per 10 anni ha ottenuto il record di zero episodi e zero decessi per malattie cardiovascolari.
«Il 35% dei pazienti oncologici sviluppa problemi cardiovascolari a causa dei trattamenti antitumorali, con un impatto significativo sulla mortalità e la qualità di vita - sottolinea Carlo Cipolla, direttore della Divisione di Cardiologia IEO -Per esempio, le malattie del cuore sono la principale causa di morte nelle pazienti con cancro al seno con età superiore ai 50 anni. E ancora: negli Stati Uniti si stima che nella popolazione di oltre 14 milioni di persone che ha superato una diagnosi di cancro (i cosiddetti “survivors”, sopravvissuti) il rischio di morire a causa di una malattia cardiovascolare è superiore, per alcune forme di tumore, a quello di una recidiva. Eppure i danni al cuore sono per lo più ignorati dagli oncologi e la loro reale dimensione è in gran parte ancora sconosciuta».
Primi a denunciare la gravità del problema sono stati i cardiologi dell’Istituto Europeo di Oncologia, che hanno ideato e lanciato una nuova disciplina nel 2009 con il primo Congresso Mondiale di Cardioncologia, in collaborazione con il MD Anderson Cancer Center di Houston, e la costituzione della International Cardioncology Society (ICOS). «Cardioncologia è un neologismo coniato nel 1995 da noi medici della Cardiologia IEO - continua Cipolla -, per definire un nuovo ambito di ricerca medica a cavallo tra le due discipline cardiologia e oncologia. Lo sviluppo della Cardioncologia come nuova branca della medicina ha l'obiettivo di offrire ai pazienti oncologici le competenze necessarie per affrontare i problemi cardiologici e oncologici concomitanti, che sono estremamente rilevanti per la durata e la qualità della vita dei malati di tumore».
«La cardiotossicità è una complicanza molto comune ed è noto che può compromettere l’efficacia delle terapie anticancro – spiega Daniela Cardinale, Direttore dell’Unità di Cardioncologia IEO - Il problema è che nella pratica clinica quotidiana viene diagnosticata troppo tardi, quando c’è già stato un danno funzionale al cuore. Per questo abbiamo sviluppato un nuovo approccio per individuare in anticipo, addirittura in fase preclinica, gli eventuali problemi cardiaci, e somministrare farmaci in grado di prevenirli». L’Unità di Cardioncologia ha così messo a punto procedure specifiche che prevedono la valutazione dei valori di biomarcatori cardiaci (una proteina, la Troponina I, e un ormone, NT-proBNP) e di un ecocardiogramma. Una terapia preventiva con Ace-inibitori e betabloccanti viene poi somministrata ai pazienti che presentano un innalzamento dei marker durante la cura oncologica. L’applicazione di questo protocollo ha permesso di ridurre a zero l’incidenza di malattie cardiovascolari nei pazienti IEO trattati con chemioterapia.
«Una parte importante del nostro lavoro è dedicato ai pazienti “fragili”, per i quali abbiamo sviluppato un protocollo ad hoc – continua Cardinale – L’aumento dei “survivors”, l’invecchiamento della popolazione e la sempre maggiore incidenza di malattie oncologiche e cardiovascolari hanno creato una popolazione crescente di persone che presentano contemporaneamente una patologia cardiovascolare e un tumore che sono escluse dai trattamenti o interventi cardiologici intensivi, e allo stesso tempo anche dalle terapie oncologiche più aggressive, potenzialmente più efficaci, perché ritenuti pazienti a rischio troppo elevato. Questo atteggiamento “rinunciatario” tuttavia può avere un impatto negativo sulla prognosi di entrambe le malattie, mentre un approccio medico integrato fra cardiologo e oncologo, permette al paziente di essere curato con più efficacia e più sicurezza. Il protocollo speciale per questi pazienti prevede una stretta sorveglianza cardiaca, anche attraverso biomarcatori, ma soprattutto una condivisione – tra cardiologi e oncologi - del percorso terapeutico del paziente, passo per passo. Ad oggi sono stati trattati con questa procedura più di 350 pazienti con malattie cardiache preesistenti rispetto al tumore, con risultati molto incoraggianti: le cure oncologiche hanno potuto essere somministrate senza alcun impatto negativo sulla situazione cardiovascolare».
«La cardiotossicità è un grande limite nella gestione del malato oncologico perché può interferire con le dosi e la tempistica di terapie salvavita - aggiunge Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi farmaci per Terapie innovative IEO - Inoltre in alcuni casi, anche al di là dei pazienti fragili, l’oncologo rinuncia a una cura potenzialmente efficace, se percepisce un elevato rischio cardiovascolare. Ma non per questo coinvolge il cardiologo. Lo IEO è, per la sua cultura di multidisciplinarietà, un’isola felice, ma nel mondo dell’oncologia medica il principio di una decisione condivisa e multidisciplinare con il cardiologo fa fatica a prendere piede. Tuttavia il quadro sta cambiando anche grazie alla presa di posizione di organizzazioni di livello mondiale, come la European Society for Medical Oncology o l‘American Society of Clinical Oncology, che stanno sviluppando diverse linee guida cliniche. La pubblicazione sul “CA: A Cancer Journal for Clinicians” darà un contributo importante in questa direzione, per la sua autorevolezza scientifica. Anche la ricerca, oltre alla clinica, richiede un approccio collaborativo per definire ad esempio come possiamo predire la cardiotossicità anche su basi genetiche o qual è la miglior strategia preventiva. Sebbene il futuro dei farmaci oncologici appaia sempre più orientato all’immunoterapia o terapie molecolari mirate su bersaglio biologico, la chemioterapia rimane attualmente un caposaldo per la cura delle più diffuse forme tumorali e ignorarne la cardiotossicità significa far perdere ai malati di oggi una chance in più di guarigione».
«I risultati eccellenti che abbiamo ottenuto infrangendo barriere culturali granitiche, ci spingono a sviluppare nuovi studi - conclude Cipolla - Ad oggi conosciamo la potenziale cardiotossicità dei principali chemioterapici (antracicline, taxani) e di molti di farmaci di nuova generazione (come gli anticorpi monoclonali, gli antiangiogenetici e gli inibitori delle tirosin chinasi) ma non sappiamo quasi nulla, ad esempio, dell’effetto sul cuore di questi farmaci combinati e molto resta da scoprire dal monitoraggio cardiologico dei pazienti in terapia. Per estendere i suoi benefici al maggior numero possibile di pazienti, la Cardioncologia deve ampliare i suoi orizzonti entrando stabilmente a far parte del bagaglio culturale di medici oncologi e ricercatori».