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Tumori ovarici

Lo IEO Ovarian Cancer Center (OCC) è un centro specializzato che si pone l'obiettivo di migliorare le tecniche di diagnosi precoce, la sopravvivenza e la qualità di vita delle pazienti con tumore ovarico, e contemporaneamente incrementare la ricerca di nuove cure.

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Centro Carcinoma Ovarico

   

Covid e tumori ovarici 

 Il Centro di Alta Specialità per la Cura del Carcinoma Ovarico prosegue la sua attività

Il Centro di Alta Specialità per la Cura del Carcinoma Ovarico è un centro di riferimento altamente specializzato che offre un approccio multidisciplinare alle pazienti con tumore ovarico. L’attività del Centro è regolarmente garantita per:

  • Visite ambulatoriali
  • F
    ollow up 
  • Diagnosi
  • Terapia chirurgica
  • Terapia chemioterapica

Per maggiori informazioni è possibile contattare il Centro inviando una mail a [email protected] oppure telefonare al numero 3356255372, attivo dalle 8 alle 12 dal lunedì al venerdì.

 

Leggi il comunicato stampa pubblicato in occasione della Giornata Mondiale del Tumore Ovarico 2020, che si celebra l'8 maggio per sensibilizzare tutte le donne su questo tumore.

 


Per il trattamento del carcinoma ovarico sono fondamentali due aspetti: l'alta specializzazione e  la multidisciplinarietàNumerosi studi hanno infatti  dimostrato che la gestione delle pazienti con carcinoma ovarico da parte di ginecologi oncologi all’interno di strutture specializzate si traduce in un significativo e concreto miglioramento della cura. 

Proprio per questa ragione all'Istituto Europeo di Oncologia è nato, nel 2008,  l'Ovarian Cancer Center (OCC),  un centro specializzato che vuole offrire un approccio multidisciplinare alle pazienti con carcinoma ovarico, oltre che l’accesso a numerosi studi clinici con farmaci sperimentali.

 

 



Scopi specifici del Centro sono cura, ricerca e formazione.


  1. Cura del paziente:  

    Diagnosi: radiologi ed ecografisti specializzati sono dedicati al paziente con carcinoma ovarico, usando le più moderne tecnologie.  

    Chirurgia: una forte collaborazione tra Chirurghi ginecologi, Chirurghi generali, Anestesisti, ed Anatomo-patologi garantisce il miglior approccio chirurgico al paziente con carcinoma ovarico. Approcci distinti sono utilizzati per adattare le diverse tecniche chirurgiche a ciascun paziente: dalla chirurgia mini-invasiva, utilizzata anche nella preservazione della fertilità nelle pazienti giovani con malattia iniziale, alla chirurgia più aggressiva nelle paziente con malattia avanzata. Più di 500 pazienti sono state operate nel nostro Centro per carcinoma ovarico di nuova diagnosi o recidivo. Lo IEO rende pubblici i dati precisi dell'attività chirurgica svolta dal Centro Carcinoma Ovarico.  

    Chemioterapia: ginecologi oncologi offrono i trattamenti più innovativi, permettendo anche la partecipazione a Studi clinici sperimentali nazionali ed internazionali. Più di 2500 pazienti con carcinoma ovarico sono state trattate con trattamenti chemioterapici tradizionali e sperimentali presso il nostro Centro.  

    Terapia di supporto: team specializzati nell’ambito della Psico-oncologia, della Nutrizione, e delle Cure palliative offrono un supporto alle pazienti con Carcinoma ovarico, grazie alla disponibilità di medici ed infermiere dedicati. 

  2. Ricerca: numerosi Studi clinici e di Ricerca traslazionale sono in corso per accrescere la conoscenza in questo ambito e migliorare l’outcome delle pazienti con carcinoma ovarico.
  3. Formazione: il programma formativo ESGO per i giovani ginecologi e la Scuola ESAGON (European School of Abdominal/pelvic surgery) sono parte del programma del Centro Carcinoma Ovarico, con lo scopo di formare le nuove generazioni di Ginecologi Oncologi ed offrire le migliori cure per le pazienti con carcinoma ovarico. 

 

Servizio di Televisita 

Per chi desidera ottenere una consulenza oncologica in collegamento video via Skype da remoto con il proprio specialista IEO di riferimento, è disponibile il Servizio di Televisite

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Il tumore ovarico

Il tumore ovarico è un tumore ginecologico che origina dalla superficie delle ovaie. I tumori ovarici benigni non provocano metastasi, mentre quelli maligni possono metastatizzare in diversi distretti corporei. I tumori ovarici maligni si dividono principalmente in carcinomi e tumori stromali; i carcinomi epiteliali rappresentano il 90% dei tumori ovarici maligni. Recentemente è stato dimostrato che il carcinoma epiteliale dell’ovaio non è una malattia unica ma raggruppa diverse malattie dal comportamento biologico differente. Considerazione a parte meritano i tumori borderline, per i quali la chirurgia conservativa è sempre indicata.  

Il tumore ovarico rappresenta la principale causa di morte per tumore ginecologico e la quinta per tumore nella popolazione di sesso femminile nei Paesi sviluppati. Ogni anno si stima che siano diagnosticati in Europa 65.000 casi, dei quali quasi 5.000 in Italia. A fronte di un’incidenza relativamente bassa il tumore ovarico è gravato da un’alta mortalità. Il tumore ovarico colpisce tutte le età con maggiore frequenza tra i 50 e i 65 anni.

 

Fattori di rischio per il tumore ovarico:

Studi epidemiologici hanno identificato i seguenti fattori di rischio per tumore ovarico:

  • Nulliparità
  • Prima gravidanza dopo i 35 anni
  • Terapia sostitutiva ormonale
  • Menarca precoce
  • Menopausa tardiva
  • Stato infiammatorio persistente della pelvi (malattia infiammatoria pelvica)
  • Stimolazione ovarica per fecondazione in vitro (soprattutto per i tumori “borderline”)
  • Tumore alla mammella diagnosticato in giovane età 
  • Endometriosi (1)
  • Mutazione BRCA1, BRCA2
  • Sindrome di Lynch tipo II. 

 


Fattori protettivi per il tumore ovarico:


  • Età inferiore o uguale a 25 anni alla prima gravidanza
  • Alto numero di gravidanze
  • Impiego di contraccettivi orali 
  • Allattamento al seno (2).


Classificazione dei tumori ovarici  

I tumori ovarici possono essere classificati nelle seguenti categorie in base alle cellule da cui derivano:

  • Tumori epiteliali. Derivano dalle cellule di rivestimento dell'ovaio. Rappresentano circa il 90% dei tumori maligni. Possono essere suddivisi in due tipi: tipo 1, i tumori sierosi di basso grado, i mucinosi, gli endometrioidi e i tumori a cellule chiare tipo 2, i tumori sierosi di alto grado che rappresentano i tumori ovarici più frequenti, spesso diagnosticati in stadio avanzato.
  • Tumori germinali. Sono circa il 5% dei tumori ovarici e originano dalle cellule da cui deriva l’ovocita. Nell'80% dei casi si manifestano prima dei 30 anni. Comprendono i teratomi, i disgerminomi, i tumori del seno endodermico e i coriocarcinomi
  • Tumori stromali o dei cordoni sessuali. Sono rari e originano dalle strutture connettivali e producono estrogeno e progesterone. Si presentano mediamente dal sesto decennio di vita e metastatizzano tardivamente. I principali sono i tumori della granulosa, il tumore della granulosa-teca e i tumori di Sertoli-Leydig.
  • Tumori borderline. A basso grado di malignità, con scarsa tendenza alla metastatizzazione e possibilità di eseguire nella maggioranza dei casi solo l’asportazione totale della lesione preservando una grande quantità di tessuto ovarico. Sono spesso diagnosticati in giovane età. Hanno generalmente una buona prognosi ma possono dare origine a tumori epiteliali di tipo1. Questo tipo di tumore tende a recidivare, ma le pazienti giovani possono comunque giovare di una condotta conservativa. Come emerso da uno studio condotto nel nostro Istituto, le recidive crescono in media di 1 mm al mese, permettendo il follow-up delle pazienti per lunghi periodi senza necessità di intervento chirurgico tempestivo.
  • Tumori peritoneali primari. Sono rari, derivano dalle cellule sierose che rivestono la pelvi e l’addome e si possono manifestare anche in donne sottoposte ad annessiectomia.

 

 

Sintomi del tumore ovarico

 La grande maggioranza delle donne con tumore ovarico presenta sintomi non specifici, con grandi differenze inter-individuali. I più frequenti sono malessere addominale o dolore, gonfiore addominale, indigestione, senso di pressione, crampi, difficoltà a mangiare o rapido senso di sazietà anche dopo un pasto leggero, nausea, diarrea, stitichezza, aumento della frequenza e/o urgenza urinaria, perdita o guadagno di peso inspiegabile, perdita dell’appetito, sanguinamento vaginale anomalo.

Questi sintomi non indicano la presenza di una malattia tumorale ovarica, ma è buona prassi prescrivere accertamenti di approfondimento, in particolare se si tratta di sintomi di nuova insorgenza - meno di sei mesi - che durano da più di tre mesi e si presentano più di 12 volte al mese. È raccomandata una valutazione ginecologica con TVS e dosaggio del CA125 se sono presenti almeno due sintomi con le caratteristiche sopra descritte. Uno screening che usi questi sintomi non è né sensibile né specifico, in particolare per identificare la malattia in stadio precoce. 

 

Sono disponibili ulteriori approfondimenti sul tumore ovarico destinati al personale medico e sanitario. 


 

Note

 

(1) L’endometriosi è una malattia caratterizzata dall’impianto delle cellule di rivestimento dell’utero (endometrio) al di fuori di quest’organo. Si può trovare soprattutto nella pelvi (ovaie, intestino o vescica) e più raramente in altri organi (cute, polmoni), dove le cellule continuano a essere stimolate dagli ormoni sessuali e ciclicamente vanno incontro a proliferazione e sfaldamento, con conseguente sanguinamento. Negli ultimi anni è stata dimostrata l’associazione tra tumore ovarico endometrioide e a cellule chiare ed endometriosi. La trasformazione dell’endometriosi in tumore è un evento raro. La degenerazione neoplastica si verifica nello 0.4–1% dei casi ed è tipica della terza-quarta decade di vita. Nell’80% dei casi è coinvolto l’ovaio, ma il processo neoplastico può interessare qualunque altra sede endometriosica. E’ importante che le donne affette da endometriosi si sottopongano a controlli periodici, in particolare sopra i 35 anni di età.

 

(2) Altri fattori protettivi o di rischio sono legati alle abitudini alimentari.

a) Sovrappeso/obesità, secondo il National Cancer Institute aumentano il rischio di tumore ovarico dell’80% tra i 50 ed i 70 anni.

b) La dieta a basso contenuto di grassi, che riduce il rischio di tumore in generale secondo lo studio “Women’s  Health Initiative Dietary Modification”. Dopo 4 anni le donne che hanno ridotto l’apporto di grassi presentano un rischio inferiore del 40% di sviluppare carcinoma ovarico.

c) Utilizzo di tè. Uno studio condotto dall’Università di Washington su 2000 donne ha messo in luce come le donne che bevono almeno una tazza di tè verde ogni giorno abbiano un rischio di tumore ovarico inferiore del 54%. Uno studio del National Institute of Environmental Medicine di Stoccolma ha dimostrato che una tazza di tè nero al giorno riduce il rischio del 50%.

 

 

  •  

Ridurre il rischio di tumore ovarico

Non si conoscono lesioni precancerose del tumore ovarico; per questo motivo non ci sono screening preventivi. Tuttavia per determinati fattori è stata dimostrata una riduzione o un aumento del rischio: in particolare, le donne che hanno assunto la pillola estro-progestinica a scopo contraccettivo per più di 15 anni hanno un rischio dimezzato di sviluppare tumore dell’ovaio; il rischio di tumore diminuisce del 20% anche solo dopo 5 anni di assunzione del contraccettivo. Inoltre, l’effetto protettivo permane dopo 30 anni dalla sospensione della pillola, sebbene tenda a diminuire con il passare del tempo. L’effetto protettivo sarebbe dovuto all’inibizione della funzione ovarica nel periodo di assunzione del contraccettivo.

Infine l’annessiectomia profilattica, ossia l’asportazione bilaterale di ovaie e tube sane, è in grado di ridurre il rischio di tumore ovarico di circa il 90-95%, nonché di tumore mammario, soprattutto se endocrino-responsivo, quando eseguita in età pre-menopausale in donne portatrici di mutazione genetica BRCA1/BRCA2. Il rischio di tumore non si azzera perché persiste un rischio del 2-4% di sviluppare tumori peritoneali primitivi.

Si consiglia di effettuare l’intervento nelle pazienti con rischio genetico, dopo che queste hanno completato l’attività riproduttive oppure hanno più di 35 anni. Secondo dati più recenti una percentuale importante di tumori ovarici sembra originare dalle cellule della parte distale delle tube di Falloppio, quindi la sola salpingectomia dovrebbe ridurre il rischio di neoplasia. Non è stato ancora dimostrato che questa procedura possa sostituire la annessiectomia profilattica nelle donne con rischio genetico.

Conoscere è importante! Approfondisci  i fattori di rischio e di protezione, e quali passi seguire per una diagnosi precoce.

 

Diagnosi di tumore ovarico per pazienti sintomatiche o asintomatiche

Dal tumore ovarico maligno si sfaldano cellule che provocano precocemente metastasi in altri organi. La superficie ovarica è a stretto contatto con le strutture addominali, pertanto le cellule che derivano dal tumore ovarico si diffondono nello spazio addominale e danno luogo a impianti metastatici quando il tumore è ancora piccolissimo. Questi impianti a loro volta sono così piccoli da non provocare sintomi: quando questi compaiono la malattia è ormai in stadio avanzato. Per questo motivo nelle pazienti asintomatiche non c’è la possibilità di fare uno screening preventivo né di arrivare alla diagnosi precoce nel caso del carcinoma ovarico, che per questo motivo possiede un’alta mortalità.

La diagnosi di carcinoma ovarico è posta nella maggioranza dei casi con un’ecografia trans-vaginale (TVS). La TVS è un esame poco invasivo che valuta molto bene la morfologia ovarica ed è molto più preciso dell’esame clinico. La TVS è indicata quando sono presenti i sintomi del tumore, tuttavia non può essere utilizzata per lo screening delle donne asintomatiche perché il tumore origina già come malattia metastatica quindi la diagnosi ecografica non è mai precoce.

Inoltre, un esame negativo non esclude la possibilità della comparsa di un tumore già avanzato nell’arco di pochi mesi. Si tratta di un esame operatore-dipendente quindi la qualità dell’esecuzione è un fattore importante. Nonostante tutti i limiti, la TVS è il primo esame diagnostico nelle donne in cui si sospetti il tumore e nelle pazienti ad alto rischio.

Ulteriori accertamenti includono il dosaggio dei marcatori Ca125 e HE4 (1) in caso di esame clinico o ecografia sospetti per malattia ovarica e un attento esame clinico della pelvi, con palpazione addominale ed esplorazione vaginale. Spesso è necessaria anche l’esplorazione retto-vaginale, al fine di valutare la pelvi più profondamente(2)

 

Note

 

(1) Il CA 125 (CancerAntigen 125) è una glicoproteina prodotta da diversi organi quali utero, cervice uterina, tube di Falloppio e cellule di rivestimento degli organi delle vie respiratorie e dell’addome. Quando uno di questi tessuti è danneggiato o infiammato è possibile ritrovare piccole quantità di CA125 nel sangue. Un innalzamento di questo marcatore nelle donne più giovani ha minore probabilità di essere correlato a una diagnosi di tumore ovarico perché il marcatore può risultare aumentato anche in caso di gravidanza, flusso mestruale, fibromatosi uterina, adenomiosi, endometriosi, stato infiammatorio pelvico o patologia epatica. Meno della metà dei tumori ovarici in stadio precoce induce un aumento dei livelli plasmatici di CA125.

Recentemente è stato riscontrato un altro marcatore chiamato HE4 (Human Epididymis Protein 4), più specifico e più sensibile del CA125 nella diagnosi di tumore ovarico. Rispetto al CA125, l’HE4 permetterebbe di identificare 7 ulteriori casi di tumore su 1000 pazienti indagate. L’uso combinato di CA125 e HE4 è meno sensibile ma più specifico, dal momento che consente di eliminare i rialzi di CA125 dovuti a malattie non ovariche.

 

(2) Nonostante la valutazione clinica abbia una bassa sensibilità e si possano diagnosticare non più del 45% delle masse tubo–ovariche con il solo esame clinico, la valutazione dell’addome, l’esplorazione vaginale e la palpazione di eventuali linfonodi ingranditi (linfoadenopatie) risultano fondamentali per apprezzare la mobilità e l’eventuale dolorabilità delle strutture pelviche e/o la presenza di masse pelviche e di liquido addominale (ascite).


Trattamento chirurgico del tumore ovarico

La chirurgia è fondamentale nel management della patologia ovarica. In relazione al tipo ed alla diffusione del tumore può essere eseguita in laparoscopia o laparotomia tradizionale e può avere una finalità diagnostica, di stadiazione, citoriduttiva o di debulking. Per eseguire un intervento di stadiazione completa della malattia o di debulking ottimale, spesso si procede con una incisione longitudinale mediana che, partendo al pube, può fermarsi all’ombelico o procedere più in alto per poter esplorare bene il fegato, il diaframma e la milza.

 

In caso di tumore ovarico avanzato, l'obiettivo della chirurgia consiste nell’asportare tutto il tumore macroscopicamente visibile. Questo risultato, quando ottenuto, migliora di per sé la prognosi e favorisce l’effetto dei farmaci chemioterapici antiblastici. È dimostrato dai dati pubblicati nella letteratura internazionale che le pazienti sottoposte ad una chirurgia citoriduttiva ottimale (assenza di tumore visibile al termine dell’intervento) hanno una prognosi nettamente migliore rispetto alle pazienti sottoposte ad una chirurgia sub-ottimale (presenza di tumore residuo). La citoriduzione primaria ad oggi deve essere considerata il trattamento standard del carcinoma ovario.

 

 

Trattamento del tumore ovarico con Chirurgia Mininvasiva

Nei casi in cui la neoplasia sembra limitata all’ovaio è possibile sottoporre le pazienti ad un trattamento chirurgico mini-invasivo. Presso il nostro istituto la maggior parte di questi interventi vengono effettuati con l’ausilio del sistema robotizzato da VinciLa chirurgia robotica garantisce alle pazienti tutti i vantaggi, ormai ben noti e convalidati, propri dell’approccio mini-invasivo convenzionale che includono, altresì, una minor perdita ematica intra - operatoria ed una più breve degenza ospedaliera, associate ad una miglior qualità di vita e di risultato cosmetico, dovuto alla presenza di piccole cicatrici cutanee.

 

Le pazienti affette da neoplasie ovariche di stadio precoce possono beneficiare dei vantaggi della chirurgia robotica grazie anche alla sua peculiare versatilità di applicazione. La chirurgia mini - invasiva può anche essere utilizzata nei casi di pazienti con carcinoma dell'ovaio, sottoposte a laparotomia con stadiazione incompleta. Esso offre una visione ottimale del diaframma e delle logge paracoliche.

 

La stadiazione del carcinoma ovarico è basata sul bilancio lesionale condotto chirurgicamente sull’addome e nella pelvi. Clicca qui per saperne di più sulla stadiazione del carcinoma ovarico.

 

 

La chemioterapia per il carcinoma ovarico in stadio iniziale (stadio FIGO I–IIa)

 

La chemioterapia adiuvante per gli stadi iniziali resta tutt’ora un argomento controverso. Una recente metanalisi di 5 ampi studi clinici prospettici ha mostrato che la chemioterapia è più efficace dell’osservazione nelle pazienti con tumore ovarico iniziale; le pazienti che hanno ricevuto una chemioterapia adiuvante a base di platino hanno miglior PFS e OS rispetto alle pazienti che non hanno ricevuto alcun trattamento adiuvante, e questo dato è valido sia per le pazienti ottimamente stadiate, che in quelle con residuo di malattia.

 

Lo studio GOG 157 ha mostrato che sei cicli di carboplatino e paclitaxel non sono associati con maggiori PFS ed OS, ma con livelli più elevati di tossicità. Pertanto nel gruppo di pazienti a rischio intermedio ed alto rischio vengono raccomandati 6 cicli di chemioterapia con solo carboplatino.

 

 

La chemioterapia per il carcinoma ovarico in stadio avanzato (stadio FIGO IIb-IV)

 

Dopo la chirurgia il trattamento di scelta per il carcinoma ovarico è la chemioterapia a base di platino. A partire dal 1996 la combinazione di platino e paclitaxel è diventato il trattamento standard; infatti lo studio GOG 111 ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo per la combinazione di cisplatino e paclitaxel nei confronti del trattamento con cisplatino e ciclofosfamide, in pazienti mai trattate prima. A seguire il carboplatino ha sostituito il cisplatino, grazie ai risultati dello studio GOG 114, in cui il carboplatino ha mostrato efficacia equivalente al cisplatino, ma minore tossicità e maggiore facilità di somministrazione.

 

Il più ampio studio di fase III del gruppo GCIG (Gynecologic Cancer Intergroup) – GOG 0182-ICON5 – ha arruolato 4312 pazienti, in un protocollo che prevedeva la presenza di cinque bracci di trattamento. I primi due bracci includevano otto cicli di una tripletta (carboplatino–paclitaxel–gemcitabina e carboplatino–paclitaxel–doxorubicina liposomiale), il terzo una sequenza di coppie di chemioterapici, per un minimo di 4 cicli (carboplatino–topotecan e carboplatino–gemcitabina), a confronto con la sequenza di 4 cicli con carboplatino e paclitaxel, e con otto cicli del trattamento standard (carboplatino–paclitaxel). La conclusione importante che deriva da questo studio consiste nell’assenza di alcun vantaggio dall’uso della tripletta di farmaci a confronto con il trattamento standard.

 

Al momento pertanto non esistono dati che sostengano l’uso di nuovi farmaci citotossici in associazione o in sostituzione della combinazione standard con carboplatino e paclitaxel, che resta pertanto il trattamento di scelta. Tre studi randomizzati hanno analizzato l’impatto del numero di cicli di chemioterapia sulla sopravvivenza; nessuno di questi ha dimostrato una differenza nella sopravvivenza media, ma trattamenti più prolungati si sono associati ad una maggiore tossicità, specialmente neurologica; questi studi sono stati la base su cui si è stabilito per convenzione l’uso di sei cicli di chemioterapia.

 

La somministrazione intraperitoneale (IP) di farmaci chemioterapici offre la possibilità di somministrare una terapia nella sede dove il tumore origina e si diffonde, riducendo al minimo gli effetti collaterali sistemici. Lo studio GOG 172 ha dimostrato che la terapia IP è associata con una maggiore sopravvivenza nelle pazienti già operate e chemiotrattate con terapia endovenosa, in confronto con il singolo trattamento endovenoso; tuttavia lo studio ha suscitato qualche perplessità per la tossicità riportata, tanto che meno della metà delle pazienti ha potuto completare il trattamento sperimentale (42% delle pazienti elegibili). La possibilità di ottenere un vantaggio sulla sopravvivenza, se la tollerabilità fosse accettabile, pone le basi per un futuro studio di fase III, per valutare la terapia IP in prima linea.

 

 

 

La Chemioterapia di Prima Linea 

 

Molte pazienti con neoplasia ovarica necessitano di un trattamento chemioterapico post - chirurgico. In genere, i farmaci maggiormente impiegati sono il Paclitaxel e il Platino. La maggior parte delle pazienti a cui viene somministrato la chemioterapia per cancro ovarico ha una qualità di vita eccellente. Atri farmaci utilizzati nella terapia per il cancro ovarico sono la Doxorubicina liposomiale, il Topotecan, la Gemcitabina, l’Etoposide, etc.

 


Women's Cancer Center

Dall’esperienza di Senologia e Ginecologia IEO nasce IEO Women’s Cancer Center, un centro multidisciplinare e multifunzionale con tanti servizi a misura di donna

 

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L’Unità (U.O.) di Diagnostica Istopatologica Molecolare, afferente alla Divisione di Anatomia Patologica dell’Istituto, si occupa dell’analisi molecolare dei tumori solidi Tra le attività svolte rientra anche la ricerca di biomarcatori predittivi di risposta a specifiche terapie nel carcinoma ovarico (BRCA1 e 2). 

L’Unità di Ricerca in Ginecologia Oncologica opera in stretta collaborazione con le Unità cliniche del Programma di Ginecologia. L’obiettivo primario dell’attività di ricerca è una comprensione più approfondita dei meccanismi biologici che guidano l’insorgenza e la progressione del tumore ovarico, determinandone anche la risposta alle terapie.

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